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Rollyzan : 10/10/2008 13:26
tratto da http://www.mukke.it/Tecnica/Oli%20lubrificanti.htm
Introduzione

M

olti macchinari sono costituiti da organi meccanici in movimento; talvolta alcuni si muovono a contatto di altri e gli attriti che si generano in seguito al loro sfregamento producono calore e causano usura dei materiali. Scopo della lubrificazione è ridurre gli attriti, proteggere le superfici ed aiutare la dissipazione del calore. Il rendimento meccanico trae quindi beneficio.

Il lubrificante è una sostanza interposta fra gli elementi in movimento; attenua gli attriti (causa di surriscaldamento ed usura) e permette alle superfici in contatto di muoversi dolcemente e facilmente l’una sull’altra.
Lubrificanti

Le sostanze lubrificanti sono varie e le loro proprietà vengono scelte in base alla destinazione finale del prodotto; l’uso di un lubrificante specifico al posto d’un altro destinato a scopi diversi può quindi essere estremamente dannoso (es. olio per ingranaggi al posto dell’olio motore).

In generale, un buon lubrificante deve lubrificare, proteggere, raffreddare, pulire, neutralizzare gli agenti acidi che si formano nei motori a scoppio durante la combustione e sigillare. Esistono tre tipi di lubrificanti:

· liquidi (oli)

· semi liquidi (grassi)

· solidi (grafite, talco, solfuro di molibdeno, ecc.)

Sono tutti derivati da una base – che può essere minerale, vegetale o sintetica – a cui vengono aggiunte altre sostanze dette additivi. Infatti se le materie prime che costituiscono le basi venissero usate da sole per lubrificare i moderni meccanismi, come i motori a scoppio, si surriscalderebbero ed in breve prenderebbero fuoco, evaporerebbero o si emulsionerebbero; ciò porterebbe a diretto contatto le superfici in movimento, o parte di esse, con seguenti danni irreparabili e grippaggi. L’aggiunta di additivi specifici risolve questi problemi e stabilizza le caratteristiche del lubrificante.

A volte può essere utile creare lubrificanti a partire da piú basi mescolate tra loro, a cui si aggiungono additivi. Questa tecnica costituisce il processo di miscelazione ed è senza dubbio una pietra miliare di straordinaria importanza nella tecnologia dei lubrificanti moderni, in particolare per l’uso degli additivi che conferiscono specifiche caratteristiche al lubrificante e garantiscono la sua uniformità di comportamento al variare della temperatura d’esercizio e la sua stabilità nel tempo.

La miscelazione è impiegata sia per la creazione di oli a base minerale sia, in modo piú sofisticato, per la composizione di quelli interamente sintetici. Nel primo caso si parla di oli parzialmente sintetici perché gli additivi chimici vengono aggiunti a basi minerali o vegetali (quindi non sintetiche), nel secondo si parla invece di oli completamente sintetici perché anche la base è composta sinteticamente.

Gli oli totalmente sintetici rappresentano oggi lo stato dell’arte nella tecnologia dei lubrificanti e sono adatti per i compiti piú gravosi nei motori ad alte prestazioni, sia aspirati che sovralimentati.

Di seguito ci occuperemo in dettaglio dei soli oli, tralasciando i grassi e le grafiti perché non pertinenti alla lubrificazione dei motori a scoppio che vuol essere il punto focale di questa breve trattazione. Ne daremo comunque un accenno in appendice.
Oli minerali ed oli sintetici

La produzione degli oli sia minerali che sintetici ha origine dall’olio crudo e procede attraverso una serie di processi di raffineria. L’olio crudo è una mistura estremamente complessa di molecole organiche e solo alcuni dei suoi componenti sono adatti alle necessità di un lubrificante. Attraverso la distillazione si ottengono oli base di diverse viscosità; vengono poi usati altri processi per modificarne le proprietà chimiche e fisiche secondo gli scopi e la destinazione del lubrificante. Si ricordi infatti che ogni lubrificante è concepito per uno specifico uso e che impiegare oli inadatti può essere molto dannoso.

Non tutti i crudi sono adatti alla produzione di lubrificanti: solo l’1.5% circa dell’intera produzione mondiale delle raffinerie può essere impiegato come base.

Gli oli sintetici sono prodotti chimici concepiti e realizzati per ottenere caratteristiche di viscosità superiori a quelli minerali; vengono creati in laboratorio combinando tra loro molecole e polimeri per ottenere strutture molecolari specifiche atte a soddisfare o superare i sempre piú restrittivi requisiti imposti dai costruttori di motori. Queste tecnologie consentono di calibrare con precisione i vari composti che entrano in gioco nella delicata fase della miscelazione e permettono di creare lubrificanti dalle molteplici caratteristiche, in grado di svolgere contemporaneamente ruoli come la riduzione degli attriti fra le superfici (lubrificazione propriamente detta), la dissipazione del calore inevitabilmente prodotto, la pulizia delle parti a contatto, la sospensione nel fluido di eventuali sporcizie non solubili, la prevenzione della formazione di morchie e lacche dovute alla combustione ed altro ancora. Gli oli sintetici garantiscono inoltre una lunga durata delle loro caratteristiche e possono essere usati in range di temperature piú estesi rispetto a quelli ammissibili per gli oli minerali. Hanno pertanto immensi vantaggi prestazionali: risultano stabili anche alle alte temperature e allo stesso momento garantiscono un’ottima lubrificazione perché restano molto fluidi. Sono però molto costosi rispetto agli oli convenzionali.
La miscelazione

Un tipico olio motore è composto da varie basi a cui vengono aggiunti diversi additivi chimici per conferirgli nuove proprietà e per rafforzare quelle che già possiede; ciascuno contribuisce al prodotto finale con le proprie caratteristiche. Le proprietà e le caratteristiche del lubrificante non dipendono però solo dai suoi ingredienti ma anche da come sono stati miscelati e da come interagiscono tra loro. Gli ingredienti vanno scelti sia in base alle specifiche che il lubrificante dovrà soddisfare, sia in base alla reciproca compatibilità nelle condizioni in cui si troverà a lavorare tanto nell’uso tipico quanto in quello estremo.

Tutto ciò implica che l’aggiunta di additivi commerciali ad un olio moderno è non solo superflua (quelli che servono sono già stati messi dal produttore) ma anche dannosa perché quasi sicuramente altererebbe il delicato equilibrio su cui si fondano le proprietà di quell’olio e ne causerebbe un imprevedibile degrado.

Il processo di miscelazione è dunque cruciale nella fase di produzione dei lubrificanti di altissima qualità, destinati a macchinari di elevate prestazioni. I moderni impianti di miscelazione sono automatici e controllati in tempo reale da sistemi computerizzati; ad essi si affiancano attrezzati laboratori per il controllo della qualità dove si eseguono analisi chimico-fisiche e si verificano le principali caratteristiche: umidità, impurità, peso specifico, viscosità, colore, acidità, punto di congelamento, punto d’infiammabilità, demulsionabilità ed altro.

Tutto questo è importante per assicurare uniformità di produzione e garantire che gli standard qualitativi richiesti siano raggiunti e mantenuti e che il monitoraggio delle fasi critiche, dei tempi, delle temperature e dell’introduzione sequenziale degli additivi sia sempre regolare.
Caratteristiche dei lubrificanti

Come summenzionato, un buon olio non può limitarsi a lubrificare bene ma deve anche essere in grado di proteggere dalla formazione di morchie, lacche e ruggini, ridurre l’usura delle parti in movimento, aiutare a smaltire il calore, prevenire il deposito di eventuali sporcizie non solubili nell’olio stesso e mantenerle in sospensione trasportandole verso un filtro che le tratterà, neutralizzare gli acidi che si formano in seguito alla combustione del carburante nelle camere di scoppio, proteggere dalla corrosione operata da qualche agente formatosi o infiltratosi, ed altro ancora. Questi compiti importantissimi possono essere svolti bene solo da eccellenti oli sintetici composti miscelando alle basi numerosi agenti inibitori.

Un inibitore è un additivo, cioè una sostanza aggiunta in piccole proporzioni, in grado di bloccare processi chimici che potrebbero alterare le caratteristiche del prodotto. Nel caso dei lubrificanti, quindi, gli inibitori prevengono o ritardano alterazioni che potrebbero condurre a rapido degrado il lubrificante e causare danni al sistema che lo ospita.

La caratteristica piú importante di un olio, spesso l’unica riportata sull’etichetta del prodotto, è la viscosità. Indica in termini generali l’abilità del fluido allo scorrimento, all’efflusso.
Viscosità

È una proprietà dei fluidi e descrive l’indice di scorrimento o, similmente, la resistenza allo scorrimento. Spesso viene detta impropriamente densità, ma si tratta di cosa ben diversa fisicamente parlando. Può essere misurata lasciando cadere una sferetta d’acciaio in un recipiente colmo e misurando il tempo di discesa: fluidi piú viscosi comportano tempi maggiori. Misure piú rigorose sono eseguite con viscosimetri industriali Engler (in Europa) o Saybolt (in America) a particolari temperature standard di prova.



Oli di viscosità diversa colano con velocità diversa su una stessa superficie

Gli oli hanno in generale diverse viscosità secondo le specifiche che debbono soddisfare: alcuni devono fluire velocemente (à bassa viscosità) per raggiungere il piú in fretta possibile le zone che abbisognano di lubrificazione non appena il motore viene avviato, altri devono invece formare un denso velo per offrire la massima protezione allo sfregamento (à alta viscosità). Come vedremo piú avanti è oggi possibile realizzare oli che rispondono ad entrambi i requisiti giocando sulle temperature di esercizio (oli multigrado).

La viscosità è funzione della temperatura: alte temperature rendono l’olio piú liquido e quindi la viscosità diminuisce (è inversamente proporzionale alla temperatura negli oli convenzionali). Ciò comporta uno sgradito effetto: l’assottigliamento del velo d’olio che se dovesse rompersi causerebbe gravi danni dovuti al diretto contatto tra le parti metalliche in movimento e loro conseguente usura, surriscaldamento e grippaggio.
Indice di viscosità (VI)

La funzione di proporzionalità temperatura/viscosità dipende dal tipo d’olio. Il grado con cui la viscosità varia al variare della temperatura è allora un’importante indice, caratteristico d’un certo olio: prende il nome d’indice di viscosità e viene indicato con la sigla VI.

Piú VI è grande, minore è la dipendenza della viscosità dalla temperatura. In altre parole gli oli con alto VI sono piú stabili e risentono meno delle variazioni di temperatura. Ad esempio, un olio 95 VI è viscoso alle basse temperature e fluido a quelle alte, mentre un 140 VI non varia sensibilmente.

Scegliere la corretta viscosità in base al range di temperature d’utilizzo è importante. L’olio deve fornire adeguata lubrificazione in qualsiasi momento, senza divenire né troppo fluido né troppo denso. Viscosità inadeguate possono provocare molti problemi, tra cui:

se troppo denso

· surriscaldamento causato dall’eccessivo attrito dell’olio

· inabilità dell’olio a raggiungere con sufficiente rapidità le parti da lubrificare subito, es. durante l’avviamento a freddo di un motore

se troppo fluido

· inadeguata lubrificazione alle alte temperature e/o alle alte pressioni e conseguente rottura del velo d’olio
Classificazione della viscosità

Esistono due principali standard di classificazione: quello SAE (Society of Automotive Engineers) e quello ISO (International of Standard Organization). La classificazione SAE è usata prevalentemente nel campo dell’autotrazione (auto, camion, mezzi agricoli, ecc.); quella ISO come di consueto principalmente nell’industria.

Esistono undici gradazioni SAE (vedi appendice) per gli oli motore e vengono indicate con un numero che rappresenta la viscosità alla temperatura standard di riferimento; gli oli multigrado, che esamineremo piú avanti, hanno una doppia indicazione in quanto si comportano diversamente al variare della temperatura. L’indicazione è seguita, nel caso degli oli monogrado, dalla lettera W iniziale della parola Winter (= inverno, in inglese) e specifica gradazione a freddo (‑17.8° C); nel caso degli oli multigrado si fa seguire alla lettera W un secondo numero che indica la viscosità a caldo (98.8° C).

Esempi: SAE 10W è un olio monogrado, SAE 5W40 è un olio multigrado.
Carbonizzazione

Accumulo indesiderato di particelle di carboniose (carbon coke). Nei motori a combustione interna è spesso dovuto al contatto del lubrificante con parti calde localizzate in qualche punto del sistema da lubrificare, soprattutto in presenza di scarsa portata d’olio che, quindi, non riesce a smaltire il calore in eccesso.

Un buon olio lubrificante deve formare la minor quantità possibile di particelle carboniose e ceneri anche al contatto con parti molto calde; i test normalmente effettuati (secondo metodologia Ramsbotton) prevedono la completa combustione di un campione di olio a 550° C e la successiva pesatura dei residui formatisi.
Altre proprietà

Ulteriori proprietà dei lubrificanti sono la protezione dalla corrosione, la resistenza alla produzione di morchie e di acidi, all’ossidabilità, all’infiammabilità, all’ossidazione, alla produzione di schiume, al congelamento ed altro. Hanno tutte notevole importanza e contraddistinguono un buon olio da uno mediocre.
Classificazione delle proprietà

Abbiamo visto sopra che la viscosità, forse la piú importante delle proprietà di un olio, viene classificata tramite gli standard SAE ed ISO. Le altre lo sono tramite le gradazioni API, CCMC, MIL ed altre. In particolare, l’API (American Petroleum Institute) indica le caratteristiche dell’olio secondo questo schema (vedasi appendice):

· S + una lettera per gli oli adatti ai motori a benzina

· C + una lettera per gli oli adatti ai motori diesel

Gli oli dalle migliori caratteristiche sono indicati dalle lettere avanzate: oggi si è arrivati alla J per gli oli adatti ai motori a benzina, alla G per quelli diesel; nei motori moderni dovrebbero essere impiegati solo oli CF/SH e CG/SJ.
Oli monogrado e multigrado

L’olio normale, come abbiamo visto poc’anzi, ha viscosità inversamente proporzionale alla temperatura: a freddo è denso, a caldo è fluido. La variazione della viscosità al variare della temperatura è una funzione molto complessa, caratteristica di ogni olio, e l’indice di viscosità VI ne è solo una classificazione grossolana. Gli oli che seguono questo comportamento sono detti monogrado.

Nell’uso, però, sarebbero preferibili oli che si comportano in modo opposto: fluidi a freddo e densi a caldo. Questo perché a motore freddo è indispensabile che l’olio raggiunga il piú in fretta possibile tutte le zone che necessitano di lubrificazione e che potrebbero essersi ‘asciugate’ in seguito all’inattività del motore e del pompaggio forzato; nei primi istanti di funzionamento sarebbe auspicabile la massima fluidità dell’olio che consentirebbe un quasi istantaneo scorrimento attraverso le sottili tubazioni (bassa viscosità à fluidità) evitando cosí che le parti lontane dalla pompa di lubrificazione abbiano a lavorare a secco anche solo per poco. Viceversa sarebbe inutile disporre di un olio denso e prestazionale perché la prima sarebbe come appena visto controproducente, la seconda inutile in quanto a freddo i motori non devono mai essere sollecitati troppo perché i materiali con cui sono costruiti hanno coefficienti di dilatazione differenti e quindi a temperature diverse da quelle di regime ci sono giochi e tolleranze inadatti all’uso estremo.

A motore caldo, invece, non vi è piú bisogno di olio fluido: tutte le parti sono ormai ben lubrificate. Serve viceversa olio denso in grado di offrire tutte quelle caratteristiche ampiamente descritte prima che garantiscono la massima efficienza del motore anche a pieno regime per lunghi periodi. Gli oli che si comportano in questo modo sono detti multigrado e hanno una doppia indicazione di viscosità, es. SAE 10W40, dove il primo valore indica la viscosità a freddo (17.8° C), il secondo a caldo (98.8° C). Non si comportano quindi come i monogrado, bensí proprio all’opposto. Sono piú costosi rispetto a quelli tradizionali.

Gli oli multigrado sono i lubrificanti ideali per i motori automobilistici, mentre quelli monogrado lo sono nella lubrificazione di scatole ingranaggi, cambi, differenziali, ecc.
L’olio motore nella pratica

Le varie tipologie dei lubrificanti e la loro poliedrica personalità rendono importantissima la giusta scelta dell’olio in base alle caratteristiche del motore che lo accoglierà e all’uso che si pensa di volerne fare.

È bene chiarire subito che nei motori stradali, per quanto spinti e sportivi, sono assolutamente inadatti oli concepiti per motori da competizione. Infatti questi ultimi hanno vita assai breve, spesso solo poche centinaia di km, ed i loro lubrificanti sono studiati per uso altamente specifico: non si preoccupano di mantenere inalterate nel tempo le loro proprietà (perché verranno sostituiti spessissimo, anche piú volte nell’ambito della stessa gara), non combattono la formazione di morchie (il motore verrà interamente revisionato o sostituito molto prima che tali fenomeni inizino a manifestarsi), sono pensati per lavorare in condizioni gravosissime ma per periodi brevi e con tolleranza degli organi meccanici in movimento ridottissime. Viceversa svolgono ruoli inutili nell’uso stradale normale, come l’apporto di ossigeno alle camere di scoppio (tipico delle F1). Un loro eventuale uso in motori stradali comporterebbe quindi, dopo qualche tempo, tutti i problemi di cui abbiamo discusso nei paragrafi sopra e che vengono invece brillantemente combattuti dagli oli convenzionali di buona qualità. Oli nati per agonismo non estremo, come il Motul 300V, possono essere impiegati anche su auto stradali sportive con l’accortezza di sostituirli molto spesso, ogni 3.000‑5.000 km al massimo.

Premesso ciò, ci occuperemo da qui in avanti solo di oli nati per impiego stradale anche sportivo, ma non per uso agonistico.

Nell’uso normale un buon olio dovrebbe essere sostituito ogni 15.000‑20.000 km; ogni 10.000 km se l’auto viene usata prevalentemente per brevi tragitti cittadini ed è soggetta a frequenti e numerosi avvii a freddo, che causano stress del lubrificante.
Stress dell’olio: dove e perché

Nei motori non sovralimentati l’olio viene principalmente stressato nelle canne dei cilindri perché ivi sono localizzate le temperature piú alte ed è lí che esso esercita tutte le sue importanti azioni protettive ed è soggetto a stress meccanico maggiore. Inoltre i residui della combustione avvenuta in camera di scoppio possono, seppur in piccole parti, trafilare ed inquinare l’olio causando la formazione di acidi che tendono ad alterarne le caratteristiche. Un buon olio deve essere in grado di arginare o minimizzare il fenomeno.

Nei motori turbo, invece, l’olio subisce il maggior stress termico all’interno del turbocompressore a causa delle elevate temperature localizzate sull’alberino di sostegno delle giranti. Nei turbocompressori piú diffusi quest’alberino è sorretto da un cuscinetto flottante, cioè non fissato, che viene mantenuto in sospensione grazie al velo d’olio in pressione. Il cuscinetto ruota a velocità pari a circa la metà di quella dell’alberino (è trascinato in rotazione dall’attrito viscoso del velo che lo sostiene) ed è forse il punto piú critico dell’intero turbocompressore: la sua natura lo rende infatti soggetto ad immediato grippaggio in assenza, anche brevissima, di lubrificazione oppure in presenza di prolungata lubrificazione inadeguata come potrebbe essere quella fornita da un olio ormai degradato la cui densità non è piú sufficiente, alle alte temperature, a creare un velo denso e resistente.

L’olio impiegato nei motori turbo deve quindi avere caratteristiche eccellenti e deve garantire adeguata viscosità anche alle elevate temperature; in questi motori l’uso di oli economici è assolutamente da evitare. Infatti l’olio, oltre ad essere soggetto a tutti i problemi caratteristici dei normali motori aspirati, deve anche lubrificare il turbocompressore, resistere a temperature ben piú elevate ed asportare maggior quantità di calore. Tali temperature causano un degrado piú rapido che porta ad una diminuzione di viscosità che potrebbe causare rotture del velo sia nelle canne dei cilindri sia attorno al cuscinetto flottante, conducendo in breve al grippaggio del motore e/o della turbina. Infine lo stress termico a cui è sottoposto comporta la continua alterazione delle sue qualità sia lubrificanti che pulenti, provocando precoce degrado generale.

Si ricordi che nei turbocompressori comuni, anche in quelli raffreddati ad acqua, è sempre l’olio che si sobbarca il gravoso onere di asportare la maggior parte del calore, dissipandolo altrove. Ecco perché è della massima importanza evitare lo spegnimento immediato del motore (che comporta l’interruzione del flusso d’olio) senza attendere qualche minuto durante i quali la turbina viene raffreddata (cooldown).

I principali problemi che affliggono il lubrificante e che ne impongono la periodica sostituzione non dipendono solo dalle sue caratteristiche, che oggi si mantengono quasi inalterate per molti chilometri, bensí dalle impurità (morchie, polveri metalliche, acqua, particelle carboniose, ecc.) che con il passare del tempo lo inquinano perché non trattenute dai filtri, rimanendo in sospensione e compromettendo il potere lubrificante. Per questo motivo i costruttori studiano sistemi di filtraggio sempre piú efficienti, spesso ispirandosi alla produzione industriale, per dilatare sempre piú gli intervalli di sostituzione. Condizioni d’impiego particolari del mezzo provocano maggior carico del lubrificante e ne impongono una piú frequente sostituzione:

· utilizzo gravoso (traino, percorrenze ad alta velocità di lunghi tragitti): possibilità di precoce decadimento delle proprietà lubrificanti, con mancanza di protezione del motore

· tragitti a motore freddo (marcia in città): possibilità di contaminazione da acqua nel lubrificante, che non arriva a lavorare alla corretta temperatura d’esercizio

· utilizzo su percorsi polverosi: possibilità di contaminazione da polvere e conseguente intasamento dei filtri.

Queste condizioni di utilizzo impongono una piú frequente sostituzione dell’olio: di solito i costruttori suggeriscono una cadenza doppia, ed è bene attenervisi per conservare a lungo la ‘salute’ del motore.

In ogni caso è sconsigliabile prolungare arbitrariamente gli intervalli di sostituzione, contravvenendo alle prescrizioni del costruttore: il modesto risparmio di denaro non compensa i gravi rischi di danneggiamento del motore.

In definitiva nei motori turbocompressi è bene usare solo oli multigrado di prima qualità, completamente sintetici e con indice di densità elevato: quindi per motori a benzina oli classificati API SH o SJ con gradazioni SAE W50 o anche W60, per motori diesel API CG con gradazioni SAE W50. Devono inoltre essere sostituiti con maggior frequenza perché si degradano piú in fretta a causa delle temperature in gioco: ogni 10.000‑15.000 km al massimo.
Cooldown

L’olio motore svolge anche l’importantissimo compito di asportare e dissipare il calore localizzato nei punti critici; è allora necessario garantire il flusso di lubrificante sin quando le temperature non si sono abbassate a livelli non piú pericolosi. Ciò è molto vero nei motori turbo: il turbocompressore è sede di elevate temperature prodotte dai gas di scarico, caldissimi, che investono la girante in acciaio scaldando notevolmente l’intero complesso turbina-compressore; questo calore si trasmette all’alberino di sostegno delle giranti ed al suo cuscinetto flottante che sono gli unici elementi a contatto con l’olio.

Il flusso d’olio assicura la necessaria lubrificazione e garantisce nel contempo l’adeguato raffreddamento del blocco alberino ‑ cuscinetto; è mantenuto dalla pompa ad ingranaggi, o a lobi, azionata meccanicamente dal motore e s’interrompe quindi nell’istante in cui il motore viene arrestato. È allora importantissimo non fermare mai il motore subito dopo un utilizzo gravoso: è necessario attendere alcuni minuti lasciandolo girare al minimo, o meglio ancora procedendo a velocità modesta, cosí da permettere all’olio di raffreddare le parti critiche. Il mancato rispetto di questa semplice ma essenziale procedura, detta cooldown, provoca l’interruzione del flusso d’olio a cui segue, per via dell’eccessivo calore localizzato in alcuni punti, la carbonizzazione dell’olio ormai fermo che si trova in prossimità di questi punti caldissimi. Le conseguenze sono immediate e negative: le caratteristiche del lubrificante si degradano e si formano morchie e depositi nei punti in cui l’olio è carbonizzato con il conseguente grippaggio per rottura del velo d’olio al successivo riavvio.

Il miglior cooldown si ottiene procedendo tranquillamente per alcuni minuti, lasciando cosí il tempo all’olio di asportare e dissipare il calore eccessivo, raffreddando le parti calde e raffreddandosi a sua volta nell’eventuale radiatore a lui riservato, la cui azione diviene pressoché nulla se l’auto non è in movimento. Se non si può seguire questo metodo è allora indispensabile lasciar girare il motore qualche minuto al minimo.

Il cooldown risulta utile – seppur non essenziale – anche nelle auto aspirate, in particolare dopo l’uso sportivo.
Temperatura dell’olio

La temperatura è un parametro molto importante nei lubrificanti: influenza la viscosità, il tasso di degrado ed altre caratteristiche. Come ben illustrato nei paragrafi sopra, la relazione viscosità/temperatura è una funzione complessa caratteristica di ogni tipo d’olio ed il suo andamento può essere solo in prima approssimazione classificato dall’indice di viscosità (VI): piú VI è grande, minore è la dipendenza. Gli oli sintetici di ottima qualità hanno valori di VI che superano il 160, tuttavia alle temperature piú alte anch’essi manifestano degrado qualitativo. È quindi di grande importanza assicurarsi che l’olio non sia mai sottoposto ad eccessivo stress termico, evitando in particolare d’interrompere la portata di lubrificante (es. fermando il motore) quando ci sono ancora elementi dell’auto ad elevata temperatura.

Durante l’uso, tuttavia, può accadere che l’olio raggiunga comunque temperature eccessive: pista e salite ripide sono i classici percorsi che mettono a dura prova la lubrificazione del motore. In questi casi è consigliabile ridurre di tanto in tanto la velocità per consentire all’olio di raffreddarsi.

L’eventuale strumento sul cruscotto fornisce indicazioni utili, ma la temperatura indicata è naturalmente quella media, magari nella coppa: esso non può fornire alcuna indicazione circa i picchi che si verificano nei punti critici del sistema. Durante l’uso sportivo un’auto non dotata di radiatore dell’olio può far registrare allo strumento temperature di 130° C (es. Golf GTI III serie) che sono in effetti molto alte ma comunque ben inferiori a quelle che si localizzano in alcuni punti come il cielo dei pistoni. L’olio nella coppa ha avuto il tempo di dissipare buona parte del calore accumulato passando in questi punti critici e pertanto lo strumento indica solo valori ‘medi’. Le vetture dotate di radiatore dell’olio, eventualmente con ventola di raffreddamento separata, di rado mostreranno temperature superiori ai 110° C ma ciò non toglie che nei punti critici le temperature siano sempre molto elevate.

Ancora una volta l’uso di ottimi oli completamente sintetici aiuta a limitare lo stress termico del lubrificante anche durante la guida sportiva. La temperatura dell’olio varia infatti moltissimo a seconda dell’uso che si fa dell’auto e della guida; nell’impiego sportivo si raggiungono valori di gran lunga superiori a quelli che si registrano nella guida tranquilla. Nell’uso autostradale ad alte velocità, ad esempio, la temperatura media mostrata dallo strumento può essere magari di soli 80° C grazie all’efficiente raffreddamento dovuto al flusso d’aria derivato dalla velocità d’avanzamento dell’auto, soprattutto in presenza del radiatore, ma nei punti critici come la turbina si possono registrare picchi superiori ai 250° C. Viceversa nell’uso cittadino lo strumento può indicare temperature piú alte, magari 100° C, a causa del minor flusso d’aria raffreddante, però i picchi saranno piú modesti e quindi l’olio risulterà, complessivamente, meno stressato dal punto di vista termico rispetto al caso precedente, pur sembrando in base allo strumento l’esatto contrario.

Per altri motivi, invece, l’uso cittadino causa maggiore stress meccanico dell’olio rispetto all’uso autostradale.
Quando sostituire l’olio

Un buon olio per uso stradale dovrebbe essere sostituito, a seconda delle condizioni di utilizzo, ogni 15.000‑20.000 km nei motori a benzina, ogni 8.000‑15.000 km nei motori diesel. Tali intervalli appaiono molto superiori a quelli consigliati in passato dai costruttori, grazie agli sviluppi della tecnologie metallurgiche e di produzione dei lubrificanti e sistemi di filtraggio, in continuo miglioramento.

Oli particolarmente adatti all’uso sportivo (come il Motul 300V) devono essere cambiati molto piú spesso, ogni 3.000-5.000 km al massimo, perché non sono pensati per usi prolungati ma sono progettati per offrire le migliori prestazioni su motori sportivi e si degradano rapidamente.

Un indice approssimativo circa il degrado dell’olio può essere la sua pressione a motore caldo, al minimo dei giri: quand’essa risulta 0.5 bar inferiore rispetto al valore che si leggeva con olio nuovo è segno che è giunto il momento di sostituirlo. La misura va fatta a caldo perché a freddo l’olio è molto denso e la sua pressione è comunque al valore massimo concesso dal limitatore già al minimo dei giri del motore o quasi: la pompa a lobi o ad ingranaggi è infatti in grado di mandare in pressione l’intero impianto anche a soli 600 rpm in meno di un secondo quando l’olio è freddo e denso.

In generale, quindi, si dovrebbe seguire quanto specificato dal costruttore, dimezzando i valori in caso di uso prevalentemente sportivo o gravoso.

Gli oli moderni sono sempre pensati per un certo contesto ed impiegarli in condizioni diverse significa solo alterarne in breve le caratteristiche e portarli a rapido degrado. Gli oli usati nelle competizioni, ad esempio, sono progettati per offrire lubrificazione e dissipazione del calore senza compromessi e non per durare a lungo ed offrire protezione contro morchie, acidi, deposti ed altro perché vanno sostituiti ad ogni gara, in certi casi anche piú volte durante la stessa gara, ed i motori che li usano sono concepiti per resistere solo qualche centinaio di km, dopo di che vengono rigenerati o sostituiti e quindi non abbisognano delle varie protezioni che sono indispensabili in quelli stradali. Usare oli da competizione in auto stradali significa danneggiare lentamente ma inesorabilmente il motore.
Come sostituire l’olio

Sostituire l’olio motore della propria vettura è un’operazione semplice, alla portata di chiunque sappia maneggiare una chiave inglese, e che garantisce l’uso dell’olio di fiducia ed il risparmio dei costi di mano d’opera. L’olio vecchio non può e non deve essere buttato alla stregua di un qualsiasi rifiuto, perché inquinante: deve invece essere portato presso un distributore di benzina o un’officina in cui sia attivo il servizio di smaltimento!

La sostituzione va eseguita a motore solo leggermente caldo per assicurare una buona fluidità dell’olio da estrarre e contemporaneamente evitare una sua eccessiva temperatura che renderebbe pericolosa l’operazione (rischi di scottature, ecc.). Allo scopo è sufficiente lasciar girare il motore (freddo) per uno o due minuti al minimo.

Dopo questo breve periodo di rotazione, si spegne il motore e si colloca sotto la coppa un recipiente di capacità adeguata: una vecchia pentola può andar bene. Le auto con assetto molto basso possono richiedere recipienti particolari, come teglie a basso profilo, oppure dovranno essere sollevate di qualche centimetro (attenzione!). Si allenta e rimuove il tappo di sfogo, usando magari guanti in gomma per evitare il contatto con l’olio (ma è una raffinatezza…): spesso è necessaria una chiave a brugola, oppure una chiave quadrata, reperibile presso ogni buon negozio di ferramenta. Attenzione a non rimuovere il tappo sbagliato, ad esempio quello dell’olio del cambio…

Si lascia scolare l’olio per circa 10-15 minuti, assicurandosi che non abbia a riversarsi sul terreno, poi si riavvita il tappo e lo si serra con forza (senza esagerare). A questo punto sarebbe bene sostituire anche il filtro, cosicché l’olio nuovo non abbia ad intorbidirsi quando lo attraversa.

Si travasa quindi nel motore, attraverso l’apposito bocchettone, il nuovo olio prestando la massima attenzione al livello: è bene introdurre l’esatto quantitativo indicato dal costruttore e controllare poi il livello aggiungendo eventualmente la necessaria quantità sino a giungere verso il livello massimo, che non deve essere superato in alcun caso. Si serra il tappo, si controlla che anche quello sotto la coppa sia ben serrato, si avvia il motore e lo si lascia girare al minimo qualche minuto verificando che non vi siano trafilamenti dal tappo di sfogo.
Additivi commerciali

Si trovano in vendita svariati liquami che promettono di migliorare drasticamente le prestazioni dell’olio se aggiunti in piccola percentuale; promettono anche aumenti della potenza erogata dal motore ed incrementi di coppia.

Si tratta di prodotti assolutamente inutili, inefficaci e nella maggior parte dei casi dannosi per l’olio. Un buon olio è frutto di lunghi studi ed esperimenti, prove pratiche e di laboratorio; le sue caratteristiche sono date dal delicato equilibrio delle basi e degli additivi di cui si è ampiamente discusso nei paragrafi precedenti. Aggiungere ulteriori sostanze non espressamente pensate per l’interazione con quelle già presenti nell’olio serve solo ad alterarne in peggio le caratteristiche e determinare separazioni di elementi pesanti e depositi di morchia e/o formazione di microcorpuscoli che possono intasare il filtro o rompere il velo d’olio.
Rollyzan : 10/10/2008 13:34
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