La quattro giorni nell'appennino centro meridionale, svoltasi dal primo al 4 ottobre, nel secondo weekend più luminoso e nitido dell'anno, mi ha dato modo, oltre che di godere dei sublimi panorami e della sincera e gustosa tradizione gastronomica del cuore della dorsale appenninica, anche di provare le due moto dei miei compari venuti da Bologna per il ponte del patrono (festivo per l'ultimo anno, grazie alla manovra) e affidatisi in tutto e per tutto alla mia guida e alle mie cure per quel che riguarda tappe, mete, percorsi, pernotti e pasti.
Le due prove non hanno superato i 12 km ciascuna, anche meno per la Bmw, ma svolti in tratti di strada dove le caratteristiche dinamiche sono messe subito alla prova senza perdite di tempo autostradali o urbane.
La prima in ordine di tempo è la
GSF 1250 Bandit S di Ale (una vostra conoscenza, qui) di cui vado a parlarvi.
La moto è gommata con le (secondo me) eccelse
Michelin Pilot Road 3, ben gonfie. Mi viene consegnata (la rapisco) in corrispondenza del punto panoramico sul monte Peglia, tra Poggio Spaccato e San Venanzo, sulla
SS 317, una delle mie strade preferite in senso assoluto.
Mi fermo già premeditando una mascalzonata, col pretesto di dare un attimo di ristoro agli amici sballottati dopo le tre ore di autostrada per il primo tratto della Millecurve (Orvieto-Colonnetta) e per i primi km del Peglia, facendo loro ammirare il Subasio e il Terminillo.
Chiedo con nonchalance la moto in prova e mi viene fornita senza battere ciglio - Ale se ne pentirà, forse, al mio coreografico passaggio con un terza seconda a tre cifre con periglioso accorciamento della distanza longitudinale tra i perni ruota, che mi è assolutamente estraneo ma che mi si rende obbligatorio per far simpaticamente disperare il proprietario
quando vo a inserire nell'unica curva sotto il suo sguardo, al secondo passaggio, poco prima della riconsegna.
A maggio provai l'ultimissima serie di 1200 S S.A.C.S.: in base alle caratteristiche dichiarate, le due moto dovrebbero essere
geometricamente identiche, salvo forse per la lunghezza del forcellone. È pur vero che la SACS la provai su un altro dei miei parchi giochi preferiti, Piancastagnaio-Santa Fiora-Arcidosso, però con montati tre bauletti belli pieni. In compenso, aveva una ciclistica completamente WP con un mono identico a quello della mia GS, uno di quelli delle serie ancora "pregiate". Questa è invece in tutto di serie, e con il precarico posteriore completamente chiuso (anche Alessandro è un peso abbondante).
Le due moto, come detto simili o quasi uguali per quote sulla carta, denotano immediatamente un'indole dinamica che mi appare parecchio diversa:
la 1200 va accompagnata con decisione nei suoi movimenti "angolari", inserendola con il solito discreto anticipo, mentre
la 1250 è una moto meno fisica, che si tuffa in curva rapida ed "entusiasta" per la sua mole anche mantenendo uno stile prettamente enduristico, al punto che potrebbe anche imbarazzare l'utente meno impavido, sorpreso di essere lanciato in pieghe discretamente pronunciate senza potersi granché opporre
salvo che con goffe manovre per ritirarla su.
Dopo un inserimento piuttosto rapido e intuitivo - direi anche molto, considerando la sua "galleria di antenate" - la moto conserva una buona coerenza tra anteriore e posteriore nella percorrenza di curva, turbata solo da
una lieve tendenza ad allargare la traiettoria quando il conducente, una volta assestatosi in modo soddisfacente in piega,
volesse incrementare la percorrenza residua con un filo di gas e qualche graduccio di piega in più, e prepararsi a un'uscita che valorizzi l'ottima trazione e lo straordinario motore della Suzuki. In questo contesto, la moto evidenzia un allargamento progressivo e "onesto", che si annuncia in tempo per consentire a
chiunque di correre ai ripari e desistere, rimanendo sulla linea senza sforzi; se chi guida non se ne dà per inteso e invece insiste a pretendere qualcosina in più di una linea pulita e neutralmente seguita, la 1250 richiede qualche astuzia di corpo e di manubrio per non far puntare l'anteriore un po' esterno.
Per quanto riguarda le sospensioni, il giudizio è per forza di cose duplice a seconda che si tenga o meno conto del costo del veicolo e della sua vocazione globale, o che invece lo si valuti in base al potenziale che il suo motore e le sue quote ciclistiche teoricamente consentirebbero.
Realisticamente, io trovo il mix predisposto da Suzuki eccellente per l'uso turistico e passistico-veloce sulle strade italiane. In questo, il tratto tormentato del Peglia, con un manto non regolare e un po' sporco tra Ospedaletto e San Venanzo, è un terreno ideale ed eccitante di test.
La moto ingoia sconnessioni in serie con una placidità e una fedeltà alla linea impostata degne di un'Africa Twin. Per capirci,
in condizioni "da campo sminato", nelle quali una Honda Crossrunner saltabeccherebbe nervosamente tra linee parallele di 5 in 5 cm in qua e in là, la Bandit
scava la sua traiettoria (anche parecchio piegata) con una costanza incrollabile, e davvero commovente se ci si sofferma in particolare sulla forcella. Il tutto non avviene a prezzo di una percorrenza sporcata da beccheggi ripetuti nemmeno sul veloce, dove il mono non pompa assolutamente nemmeno alle massime inclinazioni, a condizione di non mungere né (ovviamente) di stritolare il gas.
D'altronde, per andare al bicchiere mezzo vuoto, oltre a un mono molto onesto ma francamente non idoneo allo smorzamento idraulico della compressione che un motore di quel livello richiederebbe, la forcella
conserva quella flaccidità che rende un pochino laborioso l'assestamento in assetto quando si mette la moto in piega, e che sconsiglia movimenti troppo bruschi in ogni fase della guida.
Vale anche per questa versione di Bandit la regola generale che ispira la guida stradale di una moto pesante e morbida di ciclistica: evitare se possibile sempre di tenere
tutto il gas chiuso (e se possibile mai nemmeno tutto il freno tirato). Evitando di portare all'estremo le sospensioni, si elimina quel di più di beccheggi che danno l'impressione di guida sportiva facendo in realtà girare pericolosamente a vuoto, cioè perdendo tempo, piacere e sicurezza.
Tuttavia questo artificio non basta, come richiamato sopra, a ottenere una perfetta pulizia di comportamento nell'assestarsi in percorrenza di curva: il tentativo di contenere la escursione della forcella mantenendo il freno anteriore pelato mentre si inserisce la moto in curva fornisce un vantaggio tangibile ma non commisurato alla complessità della manovra, che risulta in definitiva inutile soprattutto nelle serpentine di curve in successione improvvisata. Ciò si deve sia alla pessima modulabilità dei freni (a cui arriveremo poi) sia al fatto che una eventuale inopinata chiusura totale e improvvisa del gas scarica tutta la moto sull'anteriore, facendolo "impastare" leggermente (avete presente i gatti?) e risultando in un lieve quanto sgradevole ondeggiamento, che compromette leggermente anche la sincerità delle reazioni. Potendo spendere in idrauliche più raffinate, vi sarebbe da lavorare su una frenatura del ritorno della forcella nello smorzamento dei piccoli carichi, mantenendola invece
correttamente libera e progressiva per quel che riguarda il primo tratto di ritorno veloce dalle asperità, che è ottimo e rappresenta il maggiore valore aggiunto di questa moto sulle strade realmente esistenti (e comunque non basterebbe una forcella "corta" a farne mai una moto da staccate assassine).
Intendiamoci, nei misti questa moto anche così com'è ha un motore talmente perfetto e prestante da rendere la vita agra a moltissime concorrenti se si ha pazienza di lasciarla scorrere senza colpi d'ingegno sulla sua linea, nelle pause curvose tra una spremuta di motore e l'altra. Rimane
piuttosto corta, ha una
luce a terra non clamorosa ma nemmeno patetica come talune dirette rivali,
corre sulla sua traiettoria anche sopra importanti asperità prolungate e ravvicinate, ha una
trazione ineccepibile e quindi una ottima propensione a cucire le distanze tra le curve senza dare alcun effetto collaterale spiacevole. Il tutto sfiorerebbe la perfezione se ... avesse pure dei freni.
E veniamo al punto davvero critico di questo veicolo.
Diciamo subito che
la frenata posteriore è abbastanza potente, discretamente modulabile e molto ben azionabile, grazie a una leva correttamente posizionata e distanziata. Siamo ancora discretamente lontani dall'eccellenza raggiunta a tal proposito da moto come la Fazer o la Superteneré, ma certamente le cose vanno molto bene da questo punto di vista, e ricordiamo sempre che un freno posteriore efficace e azionabile con precisione è sempre l'arma in più quando si tratta di alzare al massimo il ritmo nelle curve su percorsi stradali improvvisati. Sulla bandit 1250, quando si aziona il freno posteriore in curva, la moto subisce all'occorrenza un rallentamento netto e deciso, senza scompensi di sorta; oppure, con una pressione più modesta, va a chiudere un po' la traiettoria se necessario. Fa ciò che deve anche se la sua azione rende l'avantreno un tantino "stopposo" e inerziale, se avviene in un punto in cui è necessario ridirigere la moto perché si interviene subito prima di un cambio di direzione secco.
Le note dolenti arrivano dal freno anteriore. La
modulabilità è del tutto
inesistente. Il freno corre completamente a vuoto fino ad incontrare una breve zona di blandissimo rallentamento, equivalente a poco più che una mera chiusura del gas ai mediobassi regimi. Dopo di che, arriva quasi tutta la potenza praticamente di colpo. Potenza non certo terrorizzante, anzi direi appena accettabile: però averla tutta concentrata in un tratto di corsa della leva veramente microscopico con intorno un vuoto oceanico, è fastidiosissimo. C'è da aggiungere un ulteriore fatto veramente inqualificabile, che potrebbe però essere dovuto non al normale funzionamento, ma ad un malfunzionamento dell'impianto: la non uniformità della risposta alla pressione. Mi spiego: se nella quasi totalità dei casi la reazione è quella descritta pocanzi, ogni tanto (senza preavviso) l'impianto anteriore arriva praticamente subito alla fase del "tutto frenato", senza la corsa a vuoto solita a precederlo: come se ci fosse un momentaneo precarico della pompa. Il risultato può essere particolarmente calamitoso su di un impianto per solito pigrissimo. E così è stato: essendosi presentato in occasione di un tratto già curvo di immissione in una curva più stretta nel senso opposto (chi conosce il Peglia non avrà difficoltà a visualizzare la situazione), l'effetto è stato quello solito del prebloccaggio di anteriore in piega: ruota anteriore che si torce interna avvinghiandosi all'asfalto, moto che per conseguenza giroscopica tende a sbalzarsi invece in fuori e tirarsi su, grossa imprecisione e grosso spavento.
È davvero increscioso come una moto così pesante e così facilmente propensa a prendere velocità con estrema prontezza, almeno fino ai 200 km/h, possa uscire sul mercato dotata di un impianto frenante che fa immediatamente pensare, alla prima frenata, non tanto a una carenza di mordente ma a un guasto in corso. E non dico altro.
Ho suggerito al mio amico di sottoporre il problema dell'irregolarità di risposta in assistenza: se ci saranno risposte, aggiornerò.
Chiudiamo con l'ergonomia: il solito eccellente lavoro giapponese, la moto va bene per spilungoni, taglie medie e anche piccoletti: si sta comodi staticamente e si è a buon agio nei movimenti collegati a un'eventuale guida "fisica", giusto un po' sacrificati sull'angolo di ginocchia ma entro limiti ancora accettabili pure per taglie forti. Il posto per il passeggero sembra di riguardo.
In definitiva, un motorone gustoso come pochi che spinge un mezzo equilibratissimo, facile da guidare, discretamente maneggevole e molto onesto, capace di gratificare e fruttare parecchio (in monomarcia) su lunghissime distanze, e, con qualche ritocco soprattutto ai freni, anche in grado di dare qualcosina in più nei momenti di vena chiusa senza richiedere un manico impossibile. Le moto di riferimento per la precisione di guida sono altre, certo: ma devo dire che non sono tante le turistiche stradali tradizionali e multitasking che preferirei a questa. In particolare a questo prezzo non c'è nessuna che possa avvicinarlesi, secondo me.
Il vostro umile servo,
* by courtesy of
“i Fermissimi”