Io, come credo sia abbastanza palese, sono innamorato del territorio in cui sono nato: e per territorio non intendo uno stato o una regione, ma quella che tanto tempo fa hanno chiamato (e ancora adesso il termine è ben vivo) "Mitteleuropa".
Una delle mie attività preferite è razzolare in lungo in largo tra Italia, Austria e Slovenia alla ricerca di posti da vedere, strade da percorrere ed esplorare: in genere mi succede di innamorarmi di un determinato sito - più o meno ampio - e poi tornarci più volte, nelle diverse stagioni, per ammirarne i cambiamenti.
Certo, farlo camminando è il massimo; a bassissima velocità si raccolgono dettagli che altrimenti vanno persi, si focalizza meglio e si ha un'immersione "integrale" nello scenario in cui si è.
Purtroppo, a causa del nostro frenetico sistema di vita - che io peraltro combatto con tutte le armi a mia disposizione - non sempre è possibile sfruttare questo tipo di turismo.
Capita allora che quando riesco a rubare del tempo al lavoro, alla famiglia e agli altri impegni di ogni giorno inforco la moto e vado: ad istinto, a memoria, a ispirazione.
Stavolta è toccato al nuovo KLE (la "Chelona") di scarrozzarmi per il Carso in queste mie "fughe dalla civiltà".
Il fatto di essere in moto permette di avere una buona percezione dell'ambiente che si sta attraversando: è per questo che percorrendo la città di Trieste, prima di arrivare ad una delle strade panoramiche e curvose che portano all'altipiano carsico, mi sento veramente a disagio tra la confusione ed il traffico della vita di ogni giorno. Mi consola e stimola la visione ad anfiteatro che mi appare alzando lo sguardo: tutta la cornice carsica mi si apre, colorata, come la coda di un pavone: basta questo a farmi bere le curve di strada nuova per Opicina ed arrivare alla località omonima.
Ancora qualche macchina, un paio di autobus...
Gente che cammina, qualche abitazione...
Il bivio per Monrupino...
Casa.
Avete presente la sensazione che si prova quando si arriva a casa dal lavoro di sera, d'inverno, quando ci si cambia e si indossano le pantofole?
Ecco.
Mi sistemo in sella, la guida si fa rilassata.
La Chelona ronfa, bella lei (dobbiamo ancora conoscerci, siamo ancora un po' timidi ed impacciati), mentre ci infiliamo in una galleria a doppi archi: sopra le querce e i pini neri e sotto il sommaco, il vero sovrano incontrastato della landa carsica.
E' in autunno che questa pianta - in primavera ed estate verde brillante - mostra tutto il suo splendore: le macchie di vegetazione rivolte al sole prendono un'incredibile sfumatura di colori, dal giallo sgargiante al rosso più acceso.
Percorriamo, io e la motina, chilometri di strada con questa cornice; è un viaggiare che scalda il cuore, sembra di correre sotto un'enorme coperta di quelle che facevano le nonne con gli avanzi di lana, quando eravamo piccoli: uno spettacolo.
Ai lati si snocciolano paesini con case in roccia carsica perfettamente inseriti nel contesto, con il loro contrasto del bianco delle pietre...
Quasi non mi accorgo di aver passato il confine, ed essere entrato in Slovenia, seguendo il filo logico della vegetazione che rigogliosissima si propone ai fianchi della strada: ogni tanto fa capolino qualche sempreverde, che mi fa venire in mente quanto sia bello il Carso che rinasce e fiorisce, in primavera.
Mi fa sorridere il pensiero che anche la natura, con i suoi meravigliosi spettacoli primaverili ed autunnali (le famose stagioni "di mezzo" o "di passaggio") sussurra ai suoi figli che non è negli eccessi che si cela la vera bellezza...
La strada si fa più accidentata, e quasi non me ne accorgo: la Kawasaki fa il suo dovere, assorbe le buche sempre precisa, e sembra che questa andatura - turistica ma rotonda, scevra di frenate ed accelerazioni brusche - le sia congeniale.
Penso che potrebbe diventare una compagna di tanti viaggi, mi trovo molto a mio agio con lei, con il suo motore brillante ma non spinto e questa sua aria di complicità del tipo "ti porto dove vuoi, non c'è problema..."
Decido di spingermi ancora oltre, verso ovest, dove le pietre provano, da secoli, a farla da padrone.
Salta subito agli occhi che la loro è una battaglia persa: vegetazione dappertutto... Robinie, Aceri (dei quali non ricordo il tipo) le solite querce, il re Sommaco che deborda ovunque impetuoso; alla pietra bianca carsica, al calcare di queste rocce non rimane che apparire in secondo piano, a fare da scenografia alle piante vere protagoniste di tanto spettacolo.
Il tempo è tiranno, e devo rientrare: la scelta del percorso cade sulla cara, vecchia strada che va da Dutovlje a Gorijansko, il famoso "parco giochi".
Decido di stimolare il Kle con una guida più briosa, per vedere se mi asseconda: lo fa, grazie all'agilità del posteriore da 130. A velocità allegra ma non pericolosa mi diverto a piegare, a "pennellare" la miriade di curve che si dipanano lungo una delle più belle strade che io conosca, circondate questa volta da campi di vegetazione bassa, di erba medica e di filari di viti che sfidano con il loro rossore autunnale un'altra sfumatura accesa di quel colore, che però appartiene alla bellissima terra che circonda le immancabili, orgogliose rocce carsiche.
Mi fermo a fare una foto col telefono - la metterò qui sotto - che anche se non bella mi ricorderà questo giro, e quanto sono stato bene nella mia terra, da solo, con la mia moto.
Rientro in Italia, e rientro pian piano anche nella civiltà.
Anche per stavolta è venuta mattina, e ci dobbiamo svegliare: il mondo ci chiama.