Ho aspettato un po’ a scrivere questo report per lasciar decantare le sensazioni fortissime che l’Elefantentreffen ti trasmette… Tre giorni e 1200 km di puro spettacolo.
Premetto che quanto scriverò è soggettivo e non generale; ogni moto che va lassù è una galassia a se stante.
Per quanto mi riguarda, questo viaggio mi ha cambiato dentro.
Ed è stata una cosa alla quale non ero pronto: ero preparato a stancarmi, fare fatica, battere i denti, cadere, ricadere… Ma non a provare il tipo di sensazioni che sto ancora provando.
Quelli già stati nel recinto mi avevano avvertito: non si può descrivere, non si può fotografare, non si può filmare… Bisogna vedere, esserci.
Vero. Bisogna esserci.
Neanche la più fervida fantasia può immaginare quello che succede dentro e fuori al recinto degli elefanti.
Un’ultima cosa, prima di iniziare; vorrei fare alcuni ringraziamenti, sentiti di tutto cuore.
Vorrei ringraziare la mia donna, che sopporta tutte le mie stranezze e accetta tutti i rischi che unilateralmente io decido di correre.
Vorrei ringraziare Massimiliano, detto Gispo: la nostra amicizia è cresciuta e si è rodata in barca a vela, ed è stata l’ingrediente principale a dar sapore a questa avventura. Senza di lui tutto sarebbe stato molto diverso… Sono onorato di aver avuto la possibilità di fargli da gregario.
L’ultimo ringraziamento va alla mia moto, “l’insetto scoppiettante”: è stata perfetta. In moto sempre al primo colpo, a tutte le ore… A scodare nel fango, sul ghiaccio, sulla neve o a pieni giri in autostrada, caricata come un TIR. Meravigliosa, me lo sentivo che sarebbe stata un’ottima compagna quando l’ho presa. Grazie anche a Mirko e Fede, che mi hanno dato la possibilità di conoscerla.
Premesso questo, cominciamo!
Partenza il venerdì mattina, sveglia alle quattro ma si mette in moto alle sette, in quanto il caricamento delle tonnellate di roba da portare ruba più tempo del previsto: abbiamo borse, sacche, griglie, slittini e sgabelli da campeggio…
Si va. A 20 km da casa Gispo fulmina la lampadina davanti e procede al buio in autostrada: ci fermiamo al volo in grill, dove mi accorgo di aver fuso la fiancatina SX sullo scarico, nonostante le precauzioni prese.
Sposto le laterali morbide sopra la sacca messa a portapacchi, per non ripetere l’inconveniente.
Non si brucerà più niente, ma il baricentro molto più alto renderà la moto molto più instabile per tutto il viaggio.
L'insetto scoppiettante
La moto di Gispo
L’andata scorre tranquilla, con pause ogni 120 km e senza intoppi; arriviamo a Solla, cittadina che ospita il raduno, attorno alle 15.30.
Gispo rimane male vedendo che c’è solo qualche chiazza di neve; per me che è la prima volta, invece, è una favola.
A perdita d’occhio moto, di tutti i tipi e di tutte le età. Una mandria di personaggi dal superbmwista con abbigliamento tecnico a gente che gira avvolta in pelli di pecora, il tutto in una babele di lingue; e, di contorno, un mare di fango. Indovinate chi mi viene in mente?
Panoramica
Panoramica 2
Paghiamo i 20 euro di ingresso, ci mettono il braccialettino che funge da pass per entrare e uscire, e riprendiamo le moto.
Arrivati al cancello, abbandonato l’asfalto pulito davanti a me appare una ripida discesa, costituita da uno strato di fango molle di circa 20 cm di profondità: mi faccio coraggio e scendo applicando la lezione di enduro impartitami poco prima da Gispo (durata 1minuto circa)… In piedi sulle pedane, ginocchi stretti, dimenticare i freni e dare gas!
Via… Per le stradine interne nella fangaia, a cercare il posto tenda in mezzo ai mostri. Lo troviamo, su una pendenza di circa 15°… Ottimo…
Parcheggiare nel fango con la stampella laterale una moto carichissima in discesa è quasi uno sport: rischio di farla scivolare quattro volte, fatico a schivare (o a farmi schivare) da decine di tedeschi imbizzarriti che sgommano in piena dovunque. Riesco a parcheggiarla, con un po’ di aiuto, e mi spilucco via dalla tuta i poccioni di fango che schizzano dovunque.
Finalmente posso togliermi il casco e guardare; la prima cosa che vedo è il sorriso a settanta denti di Gispo, che mi guarda e mi fa: ricordati che qua dentro vale tutto, non ci sono regole. Buon divertimento!
Spazio con lo sguardo, sulla moltitudine di tende che si snoda nell’anfiteatro in pendenza: decine e decine di falò, bandiere di tutti i luoghi d’Europa, centinaia di ometti affaccendati a portare paglia, tagliare legna, allestire campi come in un immenso presepe. In sottofondo musica rock, (in quel momento gli AC-DC) a fare da degna colonna sonora ad un raduno di motociclanti brutti, sporchi ma non cattivi. Highway to hell, detto per inciso, non me la sono ancora tolta dalla testa, e ogni volta che la sento mi sale un brivido lungo il collo…
Tanti corrono, qualcuno sgomma, altri sgassano a limitatore, tutti bevono qualcosa: o roba portata da casa, o birrette e vin brulè presi presso gli unici due baracchini presenti in loco. Detto per inciso, sono due anche i carrozzoni-cesso: infatti per certi scopi si prende più volentieri la via dei boschi.
Il mio collega mi scuote dalla mia meraviglia e prepariamo il campo… Si aprono le danze. Vestiario da battaglia, via a mangiare, e bere… Prendiamo la scorta di legna per il fuoco, trasportata in moto in mezzo al fango con un rischio notevole, ma arrivata a destinazione.
Il nostro accampamento... Faccio merenda!
La cosa che mi colpisce è che qua tutti corrono nella fangaia con moto cariche di tutto e di più, la maggior parte ubriaca come un mulo, ma non succede niente: nessuno si tocca, nessuno si lamenta, nessuno litiga ma tutti ridono. Se uno si spiattella al suolo subito scattano le urla e gli applausi, e il malcapitato viene sollevato di peso al volo, moto compresa, e rimesso in assetto con gran pacche sulle spalle, che qualche volta lo fanno cadere dall’altra parte.
Le strade all'interno
La serata trascorre tra i bagordi… Si fa festa, andiamo un po’ in giro in doppio senza casco a fare casino, facciamo tappa nell’ovale della fossa, la mitica fossa, che mi vedrà in moto solo il giorno dopo.
La fossa, dall'alto
Parliamo sette lingue, discuto di dettagli tecnici con un ceco, usiamo due lingue diverse ma ci si capisce al volo, anche grazie agli svariati brulè offerti da un gruppo di friulani che abbiamo beccato sul posto. Nel frattempo ogni tanto qualcuno cade, rotola una cinquantina di metri verso la fossa, e gli amici se lo vanno a riprendere.
Nella notte, tra i vapori di migliaia di respiri, si scorgono falò a perdita d’occhio, inframmezzati da lucine di moto che vanno in questa o quell’altra direzione… Musicona d’atmosfera in sottofondo… Mitico… Non potrò mai togliermi dalla testa quelle immagini… E mi ripeto… Chi non c’è non può capire… C’è un filo che unisce tutti, un aura, un sentimento “di famiglia”, di armonia, di unione… All’apparenza impossibile in quella gazzarra infernale, eppure c’è, si sente, ti abbraccia. Speciale.
La mattina dopo la colazione a base di minestra e cabernet, si parte alla conquista della fossa.
Ripeto mentalmente le lezioni di enduro, e parto sul discesone verso l’ovale, fiero, in piedi.
La perdo? No… Si… No, la tengo, anzi è fichissimo farla scodare nel melmone… Comincio a farlo apposta accelerando…
Si passa tra la gente che ti sorride, ti incita, ti incoraggia e si complimenta per la moto…Hmmm che sensazione meravigliosa!
Atterriamo nella fossa: foto di rito, brindisi, e un paio di salite e di discese: ma oramai non ho più paura, anzi: sono ingallato come un fagiano nella stagione degli amori… Sotto lo sguardo meravigliato del mio socio entro a sorpresa nell’ovale di fango, e mi faccio il mio giro di gloria facendo un gran casino e rischiando di spiattellarmi almeno cinque volte, ma non cado… Tra le incitazioni dei ragazzi ai lati termino la mia prima performance fangosa, rientrando ai box (baracchino delle birre). L’Elefantentreffen è sul mio viso schizzato di fango, traspare dal mio sorriso stampato, dagli occhi lucidi, dalle mani e le ginocchia che mi tremano e non si vogliono fermare… Devo avere la febbre, minimo… Ma quanto bene mi sento, erano anni che non mi sentivo così… Sono in paradiso, ce l’ho fatta, sono un elefante a pieno diritto, e soprattutto ho vinto la mia paura di perdere il controllo della moto, e qualche freno inibitorio, penso.
Siamo nella fossa!
Il giro nell'ovale
La soddisfazione dopo la fossa
Mi calmo quasi forzatamente, e faccio caso a una voce che in tedesco esce dagli altoparlanti, con uno strano tono solenne… Subito dopo si diffondono le note del Requiem di Mozart, e intuisco al volo che la voce che parlava prima si riferiva ai fratelli motociclisti che non ci sono più… Mi salgono le lacrime, tutto si placa per un attimo, il mondo rimane in sospensione… Che emozione, mi viene il groppo solo a riscriverne.
Ci prepariamo al sabato sera, dopo aver tentato di grattare via il fango che ho dovunque (anche tra i denti)… Sabato sera che passerà molto più tranquillo del venerdì (domani dobbiamo guidare e sarà brutto, facciamo i bravi): riceviamo i nostri amici triestini che arrivano – Mitici! – in sella a un Grillo e un Califfone, e passiamo insieme la serata. L’euforia del giorno prima lascia il posto alla tranquillità; chiacchieriamo intorno al fuoco, e i temi si fanno seri e profondi, come si conviene a quest’atmosfera che ci pervade. Ogni tanto mi scappa un sorriso, quando il pensiero va alla cavalcata sul fango di poche ore prima… E intanto scivola la seconda notte, portata via da un vento freddo che si alza, scuote le tende e porta scintille per ogni dove, interrotto dallo scoppiare di centinaia di fuochi d’artificio a fare da ombrello.
Ci risvegliamo in una tormenta di neve che in venti minuti copre tutto, con l’aiuto del vento, con circa 5 cm di neve.
Arriva la neve
Smontiamo velocissimi il campo e carichiamo le moto; in certi punti il vento ghiaccia la neve ed il fango, e cominciano a volare per terra le prime moto, con relativi conducenti… Gran daffare a tirare su i poverini, tra i soliti sorrisi di incoraggiamento e le solite gran pacche…. Hmmm.. Comincio a preoccuparmi… Il ghiaccio!
Neve sulle moto
Partiamo nella bufera, lenti e carichi, in mezzo agli altri fratelli che tornano a casa… Ad un certo punto siamo soli, in certi momenti si vede a malapena la strada, i cartelli sono illeggibili, e io perdo il conto del numero delle volte che ho perso il posteriore, facendo gran scivolate e qualche sbandieratina, per fortuna rimanendo sempre in piedi.
Se ne vanno così una sessantina di km di statale; oramai mi sono abituato alla moto che se ne va, e ho sviluppato una sensibilità incredibile… Correggo incontro, controsterzo, ogni tanto apro per farla andare apposta, e provare la sensazione… Che forte… Un mix di paura e divertimento.
Solo una volta mi cago addosso, in quanto calcolo male una distanza e per un pelo non mi infilo in un fienile… I ragazzini della casa accanto mi fanno una gran festa, magari pensano che l’abbia fatto apposta…
La neve piano piano lascia lascia il posto ad un vero e proprio acquazzone, che ci accompagnerà per oltre 200 km, accompagnato da fortissime raffiche di vento. Io abito nella città più ventosa d’Italia e sono abituato fin da bimbo a guidare con la Bora, ma mai ho guidato in condizioni così pessime: vento trasversale sicuramente oltre i 120 km/h accompagnato da pioggia battente…
Ogni tanto la moto ti parte e non ci son santi, vai dove vuole il vento, anche contromano… La strada umida non aiuta, e non puoi andare piano, sennò cadi: devi aprire per tentare di ridurre la spinta del vento; per tentare di non pensare al panico sotto raffica tento di farmi il calcolo vettoriale delle forze necessarie a tenere la moto in piedi… Allucinante.
Ho avuto molta paura e tanto culo, culo che non hanno avuto purtroppo svariati ragazzi che sono stati scaraventati fuori strada in diverse occasioni, fortunatamente senza conseguenze fisiche rilevanti.
In autogrill, stufo della pioggia
Si procede lavatissimi e stanchi fino a Udine, ormai siamo a casa!
Invece dalla moto del mio collega arriva un rumoraccio di ferraglia, la moto comincia a sbandierare.
Ci fermiamo in un’area di sosta per constatare lo sputtanamento definitivo dei cuscinetti della ruota posteriore… Uau, questo è finire l’Elefante in bellezza!
Ci raggiunge la sua fidanzata con i cerchi di ricambio, e improvvisiamo un’officina, cambiando entrambi i cerchi e montando le gomme da motard.
Gispo si apre un dito (col freddo che c’era) sui denti della corona, così facciamo anche lezione di pronto soccorso.
Meccanici all'opera
Sono a casa alle 23.45: stanco, sporco, intirizzito e infreddolito, ma felice come non mai, mi metterei ad urlare dalla soddisfazione…
Invece mi doccio alla grande e faccio pappa.
Mi guardo allo specchio (dopo quattro giorni) e mi vedo il viso differente; mi sale una curiosità e mi peso, scoprendo che ho perso quattro chili in tre giorni, mangiando e bevendo come un suino… Potenza dell’Elefantentreffen… Che mi accompagna con il suo ricordo nel mio meritato sonno, tra coperte morbide e cuscini profumati, stavolta!
Vi ho già tenuti troppo tempo, ma potrei stare ore a scrivere; per esigenze di spazio devo riportare solo alcune emozioni, pochi fatti e qualche racconto… A chi vorrà sarò felicissimo di trasmettere raccontando di persona quella che è stata una delle più belle esperienze della mia vita… Anche se, come ho già detto, l’atmosfera non si può riportare…Chi non c’è stato non può capire…
Ciao Elefanti, Miki vi torna a trovare il prossimo anno
[ Modificato da Miki 29.01.2008 - 21:42 ]