SALVIAMO LA SARDEGNA!
Metto in risalto il Topic di Bradamante
ciao amici vi mando questo articolo che credo sia importante
sul sito tiscali raccolgono le firme contro il provvedimento del governo che vuole rendere la sardegna il cesso d'europa
firmate l'articolo per fermare un'altro disastro...
grazie
FRa
http://notizie.tiscali.it/special/scorie/articoli/giugno/23/risposta_lettori.html Dall'intervento di Mario Tozzi:
"Dopo anni di imbarazzati silenzi sta venendo al pettine il vero nodo della questione nucleare in Italia, quello delle scorie. Come è noto il nostro paese ha deciso di concedersi una "pausa" rispetto all'uso dell'energia nucleare a partire dal 1987, anno in cui un referendum popolare bocciò decisamente la possibilità di ricorrere a questo tipo di energia (e momento in cui decine di comuni stabilirono di classificare come "denuclearizzato" il proprio territorio).
Ma alcune centrali erano già entrate in funzione e avevano prodotto circa 28.000 m3 di scorie a diverso livello di radioattività; a questi si aggiunga lo smantellamento delle centrali stesse che, dopo anni di attività, diventano radioattive come scorie. Dove mettiamo tutto questo materiale potenzialmente pericoloso per secoli ? Quale territorio comunale accetterà di ospitare sul proprio territorio un bunker sotterraneo di cemento perennemente sorvegliato dall'esercito e potenzialmente inquinante ?
E come sarà possibile farlo con una legislazione italiana molto severa (leggi 230/95 e 241/2000) che prevede un rilascio nell'ambiente, al massimo, di 1 bequerel per grammo di materiale e che, dunque, fa lievitare enormemente i costi di stoccaggio delle scorie ?
In realtà la questione nucleare è stata mal posta ovunque fino dall'inizio: non è stato applicato il principio di precauzione, per cui se non so cosa fare delle scorie non posso neppure pensare di mettere in moto un reattore, a maggior ragione se la dismissione stessa delle centrali è lunghissima e molto più costosa del previsto.
Il decommissioning, cioè la decontaminazione, di una centrale può richiedere decenni e costa cifre iperboliche: negli USA la centrale di Maine Yankee sarà decontaminata per 635 milioni di dollari quando ce ne sono voluti 230 per costruirla. Per quelle italiane ci vorranno 2, 6 miliardi di euro per smantellarle entro il 2020. E' vero che il nucleare produce poche scorie rispetto ad altri impianti, ma queste sono molto pericolose e non perdono il loro potenziale devastante per migliaia di anni: non esistono luoghi sulla Terra completamente sicuri per tempi sufficienti, senza contare poi che occorrono barriere ingegneristiche, controlli di sicurezza particolari e trattamenti inertizzanti molto costosi.
Una commissione mista di ricercatori e tecnici --capeggiata, guarda un po', da un militare come il generale Jean-- sta studiando dove mettere le scorie nucleari italiane, ma non può non tener presente che un sito deve:
- essere geologicamente adatto, cioè non essere a rischio sismico, né vulcanico né idrogeologico (alluvioni e frane); siti del genere sono molto rari in un paese come l'Italia con oltre il 50 % del territorio a rischio naturale e con una gran parte del territorio ancora attiva geologicamente;
- godere di ampio consenso sociale, cosa apparentemente impossibile in Italia, quando un recente sondaggio afferma che oltre il 60% degli italiani è ancora contraria decisamente all'energia nucleare;
- avere barriere ingegneristiche molto costose.
Le scorie devono poi essere trattate con sostanze vitrificanti e devono essere strettamente sorvegliate notte e giorno per tutto l'anno, con conseguente militarizzazione del territorio.
Ora, se è vero che la Sardegna è l'unica regione italiana interamente esclusa da un rischio sismico e vulcanico elevato (insieme alla Puglia meridionale), certamente non lo stesso si può dire per quello idrogeologico, nonostante la siccità degli ultimi tempi. Ma errore ancora più grave sarebbe quello di non tenere conto dello scarso consenso sociale che sta emergendo, soprattutto in relazione a soluzioni del tutto cervellotiche e catastrofiche da un punto di vista ambientale, come quella di utilizzare allo scopo le miniere del Sulcis - Iglesiente.
Proprio in questi anni lo straordinario patrimonio di archeologia industriale di Montevecchio è in via di valorizzazione definitiva in un progetto che coinvolge la messa in sicurezza delle miniere e del territorio. Questa è la carta che la Sardegna occidentale si gioca per il futuro: cercare di convogliare turisti anche al di fuori del canonico agosto e anche per altro che non per il mare, pur sempre meraviglioso. A Piscinas ci sono le dune più alte d'Europa: oltre 60 metri di un candore dorato che proteggono l'entroterra e contribusicono a mantenere l'equilibrio del sistema spiaggia come in nessun altro posto della Sardegna.
Al riparo delle dune è frequente l'incontro con il cervo sardo, un ungulato di dimensioni ridotte rispetto a quello europeo, retaggio delle faune nane che un tempo popolavano le isole mediterranee e oggi protetto in areali verdi e selvaggi come un tempo. Le miniere di Montevecchio hanno permesso di conservare quasi integra la natura di un pezzo d'Italia che ricorda il tempo in cui la Sardgena era una specie di foresta galleggiante: chi verrebbe in visita di un parco geominerario in cui sono stivati i rifiuti radioattivi di tutta Italia ?
Non può più essere disconosciuto che, complessivamente, il nucleare è bocciato non solo dalla diffidenza delle popolazioni, ma anche dai problemi che ha dovunque e soprattutto dal mercato: le grandi centrali di un tempo possono essere costruite solo in presenza di forti interventi statali che abbattano i costi elevati, interventi sempre meno possibili in regimi concorrenziali privati: sostanzialmente il nucleare non conviene e impedisce di sperimentare nuove fonti più sicure. Per le scorie che si sono già prodotte ci vogliono idee serie che non compromettano il patrimonio naturalistico e storico - artistico del paese con potenziali pericoli di inquinamento radioattivo e con una trasformazione militare del territorio che male si concilia con la vocazione turistica della regione Sardegna, specie nelle zone che stanno ora risollevandosi da un decennale abbandono sfruttando le loro antiche miniere.
Se proprio si deve che si usino territori del demanio militare, ma, per piacere, lontane dai sardi, che non hanno colpe di scelte sciagurate prese con incoscienza altrove."