Suzuki GSF 1.200 N K1 - Bandit
Inauguro la nuova sezione "Prove su strada" con l'articolo che mi venne pubblicato sulla rivista X-Moto nel 2002.
Buona lettura
DESIGN ED ALLESTIMENTO
Nella scelta di una motocicletta l’impatto estetico, così come la percezione della qualità, è un particolare di primaria importanza .
Pur rientrando in una fascia di prezzo economica ed accessibile al grande pubblico, il Bandit 1.200 N si presenta come una motocicletta sostanzialmente ben confezionata.
L’impatto estetico iniziale è quello di una moto senza fronzoli, che non si lascia trasportare da mode momentanee: in una parola, concreta. Le verniciature sono ben eseguite, la sella è ricoperta da un buon tessuto anti-scivolo e lo scarico ha un bel rivestimento di alluminio spazzolato.
Scendendo nei particolari, si notano alcuni componenti di pregio, quali il bellissimo copri-catena in alluminio, i portapedane in lega, le pedane (anche quelle del passeggero) rivestite con un robusto strato di gomma anti-vibrazioni. La strumentazione si rivela abbastanza completa per un mezzo di questa categoria e comprende anche l’orologio, l’indicatore del livello carburante (molto preciso) e un doppio contachilometri parziale.
Gli specchietti retrovisori, cromati come molti altri particolari, sono grandi e di buona fattura: anche in velocità si riveleranno stabili.. Sempre a prima vista, si può apprezzare la presenza di due cavalletti, dei quali quello laterale agevole da azionare stando in sella e quello centrale, utilissimo per la piccola manutenzione, che offre un appoggio sicuro.
I comandi al manubrio presentano utili registri per la distanza delle leve di freno e frizione, mentre quest’ultima vanta il comando di funzionamento idraulico. I commutatori presentano il solito standard giapponese, peccato solo per qualche filo elettrico non adeguatamente protetto da appropriate guaine.
Sotto la sella è ricavato un pozzetto di discrete dimensioni, dove possono trovare posto i documenti, una trousse di attrezzi (quella fornita di serie è di qualità discreta), un lucchetto blocca-disco ed un kit di riparazione per pneumatici. Per portarsi appresso una tuta antipioggia bisogna invece ingegnarsi ed utilizzare eventualmente lo spazio esistente tra codone e telaio.
Il reparto sospensioni non eccelle in qualità: tuttavia la destinazione di utilizzo di questo tipo di motocicletta e sopratutto il prezzo molto competitivo fa perdonare a Suzuki la scelta di utilizzare una forcella regolabile solo nel precarico molla, e oltretutto non molto scorrevole. Il mono posteriore, regolabile nel precarico molla e nella frenatura idraulica del ritorno, svolge l proprio dovere senza brillare per efficacia, presentando inoltre una scarsa sensibilità alle regolazioni.
Gli pneumatici di primo equipaggiamento sono i Michelin Macadam 90, gomme di non recente progettazione, che non hanno mai fatto gridare nessuno al miracolo per tenuta di strada o feeling di guida. Il fatto di permettere percorrenze chilometriche superiori ai 12/13.000 chilometri non perdona loro qualche scivolata di troppo, sopratutto con il posteriore e quando il fondo stradale non è perfetto, ed un’usura irregolare dell’anteriore..
POSIZIONE DI GUIDA E COMFORT
Saliti in sella si apprezza la posizione di guida votata al comfort, con manubrio moderatamente rialzato e pedane correttamente posizionate per non affaticare le articolazioni e permettere una guida rilassata in ogni frangente. Solo i più sportivi possono desiderare un manubrio che permetta di caricare maggiormente l’avantreno e le pedane più rialzate ed arretrate per favorire la guida di corpo.
La sella non eccessivamente alta permette alle persone di statura media di appoggiare con sicurezza i piedi a terra e di manovrare la moto anche a motore spento.
Il passeggero si trova a disposizione un’abbondante porzione di sella, con un comodo maniglione a cui aggrapparsi: solo le pedane un po rialzate possono rappresentare un problema per i passeggeri più alti.
Una volta in movimento le sospensioni con la taratura di serie, che privilegia senz’altro la comodità alle prestazioni, assorbono bene le imperfezioni del manto stradale e digeriscono anche le buche che affliggono le nostre città.
Il motore Suzuki che equipaggia il Bandit, già negli anni precedenti quando, con un’alesaggio inferiore di un millimetro a quello attuale, equipaggiava il GSX 1.100 R ed il GSX 1.100 F, non è mai stato un campione per quanto riguarda il tasso di vibrazioni.
Anche in questo caso presenta una certa ruvidità che si fa sentire sopratutto ai regimi transitori originando qualche vibrazione di troppo, avvertibile sopratutto sulle pedane e sulla sella, e in qualche caso anche al manubrio.
Il picco massimo delle vibrazioni appare intorno ai 5.000 rpm, ma comunque tende ad affievolirsi dopo il rodaggio con il passare dei chilometri.
I comandi al manubrio regolabili e la presenza del comando idraulico della frizione rendono confortevole la vita degli avambracci dei piloti.
Il Bandit in versione N è completamente nuda, quindi il pilota si trova completamente esposto all’aria. Tuttavia il buon inserimento in sella e il leggero aiuto offerto dalla strumentazione abbastanza rialzata permettono di viaggiare alle velocità permesse sulle nostre autostrade senza accusare un’eccessiva pressione dell’aria sul petto. Fortunatamente con pochi euro ci si può rivolgere alle numerose ditte produttrici di cupolini, buona parte dei quali si sposa alla perfezione con il Bandit, ed installare un’appendice aerodinamica che renda meno faticosa la guida in velocità.
IN SELLA
Avendo l’accortezza di utilizzare lo starter a motore freddo anche nella stagione estiva, l’avviamento è sempre pronto e il motore entra rapidamente in temperatura di esercizio.
La frizione, oltre a dimostrarsi morbida nell’azionamento grazie all’ausilio dell’idraulica è tetragona ad ogni sforzo: anche nella guida in colonna in città o dopi ripetuti maltrattamenti in accellerazione non da segni di stanchezza o di malfunzionamento.
Anche il cambio, bisognoso però di un periodo di rodaggio, in quanto nei primi chilometri manifesta qualche impuntamento di troppo, si presenta morbido e preciso nell’azionamento e vanta oltretutto una corsa contenuta.
La prima impressione è quella di una buona agilità, nonostante la cilindrata ed il peso non propriamente contenuto: il Bandit si inserisce corretamente nelle curve e mantiene un’assetto neutro anche forzando più del dovuto. La stabilità è buona sia nei percorsi più guidati che nelle curve veloci e la direzionalità è notevole anche a velocità ben superiori ai 200 km/h, a patto di non vestirsi con abiti svolazzanti e di non aggrapparsi al manubrio per cercare di resistere alla pressione dell’aria.
I guidatori più smaliziati potranno eventualmente richiedere una maggiore velocità di inclinazione, facilmente ottenibile sfilando di 5 mm gli steli della forcella ed aumentando il precarico del mono posteriore.
Utilizzando pneumatici più performanti rispetto a quelli di primo equipaggiamento la situazione migliora ulteriormente, e iniziano ad evidenziarsi I limiti delle sospensioni, concepite più per un utilizzo turistico che per uno sportivo: in staccata la forcella diventa debole ed il mono non riesce a copiare le asperità dell’asfalto facendo saltellare la ruota posteriore. Sempre il mono, relativamente poco sensibile alle regolazioni, innesta qualche ondeggiamento di troppo nelle pieghe più accentuate quando l’asfalto non è perfettamente liscio.
L’impianto frenante può contare su una terna di dischi ben dimensionata, ma utilizza pastiglie di primo equipaggiamento che privilegiano la resa chilometrica all’effetto frenante.
In ogni caso la frenata, pur mancando un pò di grip, è sempre progressiva e, avendo l’accortezza di aumentare il precarico delle molle della forcella, non mette in crisi più di tanto la ciclistica.
Il motore del Bandit 1.200 è una vera e propria miniera di coppia. Pur non essendo prontissimo all’apertura del gas come invece lo era quello del vecchio GSX-R, inizia a spingere come un forsennato sin da regimi trialistici. Pur essendo caratterizzato da una rapportatura del cambio lunghissima riprende in quinta marcia con una certa forza da 50 km/h e permette di limitare al massimo l'uso del cambio anche su percorsi ricchi di curve in salita e con il passeggero a bordo.
L’arco di utilizzo migliore è situato tra i 3.000 e i 7.000 giri: in questo range il motore spinge come un forsennato, tirando la moto fuori dalle curve come una fionda anche nelle marce lunghe.
Superati i 7.000 giri il motore inizia a perdere un po di smalto, pur mantenendo una buona progressione fino al regime di potenza massima, collocato a circa 8.500 giri. Oltre questo regime non è conveniente andare, anche se il limitatore taglia a 11.000, perchè è più redditizio cambiare marcia ed affidarsi alle doti di coppia.
La potenza discreta (nell’ordine dei 100 cv alla ruota) unita alla favorevole erogazione della stessa permettono al Bandit notevoli prestazioni in accellerazione e ripresa: le variazioni di velocità sono repentine ma progressive e facilmente controllabili; è facile ritrovarsi a velocità elevatissime in pochissimi secondi.
La velocità massima non è certo un dato importante per una moto di questo utilizzo, ma è comunque superiore ai 250 km/h di tachimetro e si raggiunge in un breve lasso di tempo nonostante la rapportatura lunghissima della 5^ marcia.