Il raduno visto dall'automobile. Cronaca da un automobilista
La mattinata inizia frenetica, devo ancora fare delle commissioni, preparare la valigia, capire come funziona la nuova macchina fotografica.
E questo maledetto braccio fa male, continua a tormentarmi e a rallentarmi in tutto quello che devo fare.
Quando riesco a scendere nel box sono passate da poco le dieci: sono in orario, il ritrovo all’autogrill è fissato alle undici. Guardo mesto la moto, ho un attimo di sconforto: questa volta non sarà lei ad accompagnarmi in questa nuova avventura.
La tangenziale di Milano scorre sotto le ruote. Continuo a guardare negli specchietti sperando di vedere un faro acceso, di vedere uno dei compagni di avventura che mi sorpassi rombando, e intanto penso che se scorgo un Bandit suono il clackson, cerco di farmi riconoscere, perchè anche se sono chiuso dentro un’automobile anch’io sono uno di loro.
L’autogrill è affollatissimo. Parcheggio la macchina, prendo la macchina fotografica e il mio sguardo inizia subito a cercare i tanto attesi amici. Quanto ho aspettato questo momento.
Scorgo due motociclette, mi precipito: non sono bandit. Peccato, arriveranno.
La mia curiosità intanto comincia ad aumentare, continuo a chiedermi come sono fisicamente quelli che fino a quel momento erano solo amici virtuali.
Un rombo, riconosco il rumore: è Gunny, Ci abbracciamo. Ci siamo visti solo una volta ma è come ci conoscessimo da sempre. Poi arrivano Hurricane e Klaudio. Mancano solo Vanaxel e Blackbandit, poi il gruppo sarà al completo.
Dopo pochi minuti arrivano anche loro, da subito fraternizziamo tutti. L’adrenalina incomincia a salire, si avvicina l’ora della partenza. Un paio di foto ricordo e poi….via……
Rimango solo, con la mia automobile e il mio maledetto braccio. Ho voglia di tornare indietro. Accendo l’automobile, esco dall’autostrada e vago per le campagne. Mi fermo a pensare. Ormai è mezzogiorno, vado a pranzo e poi si vedrà.
Riguardo le foto appena scattate, inizia già ad affiorare la nostalgia. Si riparte. Maledizione, come guida la gente nei week end: le prime due corsie dell’autostrada vuote, la terza intasata.
Arrivando all’hotel, con la coda dell’occhio, vedo un bandit parcheggiato vicino ad un bar.
Entro in albergo. Sono passate le diciotto e tutti I miei amici sono in giro in moto. Lascio I bagagli in camera e mi avvio subito a piedi verso il bar di fronte al quale ho visto parcheggiato un bandit.. E’ Ely, è appena arrivata e sta chiacchierando con dei suoi amici.
Mi siedo con loro a bere una birra e li ascolto: parlano di locali, di discoteche, del nulla cosmico. Il loro unico obiettivo del week end è di non andare a dormire, di andare da qualche parte a fare casino per il gusto di farlo. Bevo silenziosamente la mia birra.
Un rombo sommesso, mi volto: alcuni bandit stanno imboccando il viottolo che porta in albergo. Sorrido. Vanaxel mi manda un sms, scrivendomi che in pochi minuti sarebbe stata pronta. Sono felice come un bambino. Mi precipito in albergo e alla reception trovo I primi compagni: Biker, Sfinge, Lab..
Poi arrivano tutti gli altri, e andiamo tutti insieme al ristorante.
La tavolata si fa subito rumorosa. Siamo in tanti, possiamo parlare solo con le persone sedute vicino. Noi parliamo di curve, di gomme, di viaggi, di amici, di programmi per il futuro, di quella vecchia moto che chissà ormai che fine ha fatto. Le birre si susseguono, la discussione si fa sempre più animata.
In fondo al tavolo gli amici di Ely, che si sono aggregati a tavola con noi incominciano a rumoreggiare e a dar fastidio ai camerieri. Li guardiamo con sufficenza e alziamo le spalle.
Il nostro è un altro mondo, un mondo fatto di curve e di levatacce al mattino per fare tanta strada.
Il tempo scorre velocemente, ci ritroviamo all’una di notte sul porticciolo. Acora una sigaretta e quattro chiacchiere e torniamo in albergo.
Quando spengo la luce il campanile batte due rintocchi. Ho delle fitte lancinanti che mi corrono lungo quel maledetto braccio.
Continuo tutta la notte a fumare e ad andare alla finestra a guardare le moto parcheggiate.
Alle sette e trenta Vanaxel, Edo e Corraconti inforcano I loro mezzi e si lanciano verso un assaggio di quello che sarà la giornata. Sento il loro scalpiccio nel silenzio della mattina. E li invidio. Quanto vorrei essere con loro.
Decido di porre fine al tormento della notte e scendo a fare colazione.
Trovo Luana. Ha preferito non seguire Edo e rimanere un po ad oziare.
Facciamo quattro passi. L’aria fresca del mattino mi da una sferzata vitale.
Quando torniamo l’albergo si sta rianimando. D’appertutto ci sono caschi, giacche, borse.
L’atmosfera incomincia ad elettrificarsi, l’adrenalina sale. Scatto un po di fotografie. Si parla di regolazioni, di set-up, di marmitte. Mi sento felice, partecipe.
Poi, come se esistesse una regia occulta, tutti incominciano a vestirsi, a mettersi i caschi, i guanti.
Mi viene un groppo alla gola. Mi guardo. Ho I pantaloni di cotone, la camicia, la macchina e un braccio che non vuole saperne di funzionare.
Devo scappare via prima di veder partire tutti per il giro in moto, sarebbe penoso come un addio.
Quando anche l’ultimo rombo è svanito tiro un sospiro. Guardo l’orologio: sono poco più delle dieci. Per quasi tre ore sarò da solo. Mi accendo una sigaretta e mi incammino per il paese.
Nel solito bar, seduti sulle solite sedie, ritrovo Ely ed I suoi tre amici. Ho bisogno di compagnia. Mi siedo per rubarne un po. Raccontano della notte brava appena passata, di bicchieri rotti, di sedie spaccate, di quanto sia bello dormire sugli scogli. Li ascolto esterefatto per qualche minuto poi, con una scusa, mi allontano. Anche loro sembrano gradire il mio gesto. Ho voglia di tornare a casa. Ma poi mi dico che no, che non devo tornare, che più tardi torneranno gli amici e che andremo tutti insieme a pranzo, a divertirci.
Cammino, ho voglia di camminare, di pensare. Il sole ormai è caldo e mi siedo da solo in un bar a bere un caffè.. Mi alzo, cammino ancora un po. Compero il giornale e mi siedo a leggerlo su una panchina.
Ogni volta che sento una moto avvicinarsi alzo lo sguardo, nella speranza di vedere qualche amico. Ci sono tante moto in giro in questa bella mattinata.
Guardo l’orologio: sono le dodici e trenta. Sorrido. Tra poco ritorneranno gli amici.
Sento un rumore famigliare, mi volto. Come per incanto mi appaiono quattro bandit, sono gli amici che dovevano raggiungerci questa mattina. Piangerei dalla gioia.
Subito iniziamo a raccontarci chissà quale avventura, mi chiedono le prime indiscrezioni sull'’ndamento della giornata precedente.
Divisi in un paio di gruppi arrivano tutti gli altri. L’entusiasmo è alle stelle, il giro mattutino è stato bellissimo. Iniziano I soli sfottò amichevoli che accompagnano qualsiasi giro in moto tra amici.
Ci dirigiamo tutti verso il ristorante. La tavolata è lunga, allegra, colorata. Si parla del raduno, dei programmi per il rientro, di noi stessi. Siamo tutti felici, il buonumore serpeggia per tutta la tavolata.
Il pranzo si protrae per le lunghe. Tutti abbiamo troppe cose da raccontare per accontentarci di un pasto veloce.
A metà pomeriggio iniziamo ad alzarci, ci aspetta il viaggio di ritorno.
Saluto tutti, salgo in macchina e mi avvio verso casa.
La statale è tutta una coda. Lunghe file di motociclette mi superano. Man mano che passano guardo se c’è qualcuno del mio gruppo: non vedo nessuno.
L’autostrada in prossimità di Milano è intasata. Procedo a passo d’uomo in terza corsia. Prima, seconda, stop,…..Le moto continuano a sorpassarci, in mezzo alle auto, in corsia d’emergenza. Continuo a guardare se riconosco qualcuno. Già mi mancano tutti. Avrei voglia di vederli anche solo per un caffè all’autogrill.
La tangenziale di Milano è libera, il traffico è scorrevole e il sole inizia ormai ad abbassarsi sull’orizzonte. Mi fermo a comperare le sigarette. Mi appoggio sul baule della macchina e ne accendo una. Tiro una boccata profonda e in cuor mio mi dico che non parteciperò mai più ad un motoraduno con la macchina.
Il braccio maledetto mi fa male, ma un giorno passerà.
Alla prossima avventura ci sarò anch'io.
Bruno